mercoledì 3 settembre 2014

Gli insegnanti calabresi non approvano il nuovo Piano Scuola

Gli Insegnanti calabresi, dopo aver conosciuto le linee guida del nuovo Piano Scuola, pubblicato alle ore 10 dal PdC Matteo Renzi sul sito passodopopasso, dichiarano che la sorpresa annunciata da Renzi, non ha colto e stupito nessuno, se non in senso negativo. 
L’amara sorpresa è proprio quella che si temeva, già trapelata nelle sue anticipazioni. 
Non a caso gli insegnanti calabresi sono in mobilitazione da luglio, quando uscirono le prime dichiarazioni del sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi al quale, prima dell’uscita del Piano, abbiamo pubblicamente chiesto un confronto tramite la segreteria regionale del PD calabrese, ma evidentemente la richiesta è stata ignorata. 
La scuola non è una fabbrica, non è uno stabilimento, non è un ufficio pubblico; l'unico patto possibile è tra la civiltà e la cultura. 
Pertanto, in conformità anche al manifesto dei 500, (approvato il 1 settembre in assemblea a Torino) rispondiamo così alle 10 linee guida di Matteo Renzi: 
La scuola non è un servizio pubblico, è un’ISTITUZIONE della Repubblica, come lo è la Magistratura, è per definizione rivolta a tutti e a tutte; è amministrata da organi della Pubblica Amministrazione e da organi elettivi di autogoverno definiti per legge di cui fanno parte tutte le componenti scolastiche. 
Equiparare la sua natura a quella auspicata per beni e servizi di interesse pubblico (gestione da parte di cooperative di utenti, gestione mista) significa intrecciarla a forme di privatizzazione che danno luogo a un prolungamento inedito dell’orario e delle prestazioni del personale scolastico con la perdita della funzione specifica della scuola dello Stato. 
Pertanto: 
1) Il nuovo provvedimento sulla Scuola che pretenda di “metterla al centro” non può prescindere dalla restituzione dei posti e dei fondi tagliati in questi anni. Non abbiamo bisogno di propagande devianti, ma di poter ripristinare le ore, i tempi scuola, il numero di alunni nelle classi, i laboratori, il pagamento delle ore delle commissioni, delle figure strumentali, delle attività aggiuntive... tagliate. In questo senso, va detto chiaramente che i 100.000 insegnanti che il governo ha annunciato di assumere nel prossimo triennio, non creerebbero alcun posto nuovo, ma servirebbero semplicemente a rimpiazzare i pensionamenti, confermando gli enormi danni dei tagli Gelmini-¬Tremonti; 
2) i cosiddetti salari al “merito” sono in sé totalmente incompatibili con la scuola pubblica e con i suoi principi, non solo per i motivi legati alla libertà d’insegnamento e al libero confronto più volte da noi espressi, ma anche perché uno Stato che accetta di avere insegnanti buoni e altri meno è uno Stato che si impegna a fornire ad alcuni cittadini un’istruzione di serie A e ad altri una di serie B, negando così i diritti di uguaglianza più elementari. Crediamo fermamente che la meritocrazia sia un sistema di disvalori che sancisce la disuguaglianza tra i lavoratori, privilegiando alcuni, pochissimi in verità e giustifica il taglio degli scatti. Riduce il potere d’acquisto dei salari di tutti i lavoratori, incentiva le raccomandazioni e legalizza la corruzione;
3) dopo anni di blocco degli stipendi e con retribuzioni ben al di sotto della media europea (a parità di ore di lavoro, al contrario di ciò che dichiara il governo), è ancora più inammissibile pensare di differenziare i salari: la prima esigenza è di recuperare il potere d’acquisto perso con aumenti significativi uguali per tutti. Qualunque altra scelta, tra l’altro, finirebbe per demotivare gran parte della categoria e sarebbe dunque contro la scuola nel suo insieme; 
 4) E’ inaccettabile qualunque provvedimento che limiti o elimini le supplenze. Al contrario di ciò che ha detto il ministro, i supplenti sono molto importanti per la scuola e per gli allievi;la scuola non ha bisogno di meno supplenti, ma di poterli nominare fin dal primo giorno di assenza dei titolari, prevedendo poi regolari percorsi di immissione in ruolo. D’altra parte, prevedere ore di docenza in più o, peggio, ore di permanenza a scuola per programmare, correggere etc... significa eliminare posti di lavoro, abbassare la qualità dell’insegnamento e attaccare la professione insegnante nella sua essenza intellettuale; l'organico "funzionale" deve essere, se lo si vuole fare, una dotazione AGGIUNTIVA rispetto all'organico di diritto, in modo da stabilizzare il doppio dei docenti precari e da garantire, sfruttando la professionalità "mirata", la copertura di quei progetti (dispersione, recupero, potenziamento) che ora sono praticamente effettuati come "corvée" dai docenti di ruolo, con o senza incentivi; 
5) noi rifiutiamo totalmente la rimessa in causa del contratto nazionale, strumento non solo per l’avanzamento economico della categoria, ma per la regolazione di tutti i principali aspetti giuridici; pertanto diciamo no alla decontrattualizzazione del rapporto di lavoro; 
6) infine, a fianco dei finanziamenti annunciati alla scuola privata, denunciamo la propaganda sull’ “apertura ai privati”. 
I bambini, i ragazzi e le famiglie non sono burattini da usare per scopi commerciali per coprire il disimpegno dello Stato, ma persone alle quali garantire un’istruzione laica e libera, svincolata da qualunque speculazione che apra le porte a derive pericolose.
Le nostre armi? La matita, i libri e la Costituzione che porteremo in piazza. 
La Calabria RESISTE perchè ci troviamo in una delirante guerra che vuol sottrarre ai giovani la Scuola Statale. 

Insegnanti calabresi autoconvocati 
Docenti contro la Legge Aprea